Il Reazionario

Sono un reazionario, postero mio diletto, perché mi oppongo al progresso e voglio far rivivere le cose del passato. Ma un reazionario molto relativo, perché il vero bieco reazionario è chi, in nome del progresso e dell'uguaglianza sociale, vuol farci retrocedere fino alla selvaggia era delle caverne e poter così dominare una massa di bruti progrediti ma incivili. (Giovannino Guareschi)

Nome:
Località: Bologna, Bologna, Italy

Studente all'università di Bologna, 21 anni,dotato di scarsa simpatia per il comunismo...

giovedì, giugno 14, 2007

Firmato Rudolph Giuliani


1) Io manterrò l'America all'offensiva nella Guerra al Terrore.

2) Metterò fine all'immigrazione illegale, renderò sicuri i nostri confini e identificherò ogni individuo presente nella nostra nazione che non sia cittadino americano.

3) Ristabilirò la disciplina fiscale e taglierò gli sprechi di Washington.4) Ridurrò le tasse e riformerò il codice fiscale.

5) Imporrò il principio della responsabilità a Washington.6) Condurrò l'America verso l'indipendenza energetica.

7) Darò agli americani più controllo su, ed accesso a, prestazioni sanitarie economicamente accessibili, offerte tramite soluzioni di libero mercato.

8) Aumenterò le adozioni, diminuirò gli aborti e proteggerò la qualità della vita dei nostri figli.

9) Riformerò il sistema legale e nominerò giudici rigorosi nell'interpretazione delle leggi.

10) Assicurerò che ogni comunità in America sia preparata per affrontare attacchi terroristici e disastri naturali.

11) Garantirò accesso all'educazione di qualità a ogni ragazzo in America, dando ai genitori il diritto di scegliere la scuola che preferiscono.

12) Aumenterò la partecipazione americana nell'economia mondiale e rafforzerò la nostra reputazione nel mondo.


Domanda: quanto ci vorrà prima che qulche esponente della destra italiana si decda a sottoscrivere un programma almeno simile?

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lunedì, giugno 11, 2007

Ciò che ho sempre pensato di Don Milani...

...Lo trovo oggi sul "Foglio". Ergo, copio- e-incollo!

Milano. Un pischello di scuola media che blocca il compagno sulla porta dei bagni: “Tu non puoi entrare, sei gay”; una professoressa con il raro coraggio di fargli scrivere per punizione cento volte “sono un deficiente” sul quaderno; un padre (del deficiente) che la denuncia; un pm (che sembra di famiglia) che dà ragione al padre e chiede per la professoressa due mesi con rito abbreviato. Succede l’altro giorno a Palermo.Dire che sia tutta colpa di don Lorenzo Milani e della “Lettera” che quarant’anni fa inviò a una professoressa, certamente ben più autoritaria della sua collega palermitana di oggi, non necessariamente più in torto di lei, è ovviamente una forzatura. Anche perché don Milani il concetto d’autorità ce l’aveva e a Barbiana, che non era una comune hippie, lo esercitava eccome. Ma non accorgersi di quanto quarant’anni di lezione pedagogica di don Lorenzo Milani (certo malintesa, ma non necessariamente sempre malintesa) abbiano fatto male alla scuola e più ai più generali concetti di educazione (pure di buona educazione) e di autorità sarebbe oggi colpevole miopia. E’ pur vero che il più famoso slogan milaniano, “l’obbedienza non è più una virtù”, si riferisce ad altra infuocata polemica del priore di Barbiana morto nel 1967, quella con i cappellani militari sull’obiezione di coscienza che gli costò un processo. E’ però vero che don Milani fu l’ideologo di una generazione per quanto concerne il rifiuto del modello scolastico e del principio d’autorità. La “Lettera”, come disse a suo tempo Guido Viale, fu il libro che “eserciterà un’influenza decisiva durante tutti gli anni del movimento”. Adriano Sofri ha raccontato di quando Alex Langer incontrò per la prima volta il priore a Barbiana: “Don Milani si sbrigò a dirgli che cosa doveva fare: abbandonare subito l’università, che era solo un privilegio nocivo”, racconta. “Alex capì subito di avere di fronte un santo. Sapeva già che i santi vanno aiutati, non obbediti”.Venticinque anni dopo, quel libro poteva essere incenerito da Studi Cattolici come “una specie di libretto di Mao, dove erano concentrati odio di classe, populismo, proletarismo, operaismo, demagogia, violenza ideologica e l’istigazione al linciaggio dei professori”. Affermazioni che suonano anch’esse un po’ esagerate ,ma è indubbio che don Milani ha lasciato dietro di sé l’impressione che della scuola bisognasse buttare giù tutto, compresa la scuola confessionale (“Una volta c’era la scuola confessionale. Quella un fine l’aveva e degno d’essere cercato… Ora la scuola confessionale non esiste più. I preti hanno chiesto la parificazione e danno voti e diplomi come voi”). Ma ecco, è l’impressione. Però l’impressione non è un metodo. Il suo metodo, estremo fino all’eterodossia, richiedeva di essere seguito alla lettera. Invece don Milani in quattro decenni è diventato solo colui che ha coniato il motto “I care”, ad uso e consumo del primo congresso dei Ds. E’ diventato il nume tutelare di un banale pantheon cattocomunista, cui Bertinotti sacrifica nel discorso di insediamento come presidente della Camera, “dobbiamo ricordare la lezione morale di una grande coscienza civile e riformatrice del paese: don Lorenzo Milani”. E Barbiana diventa il luogo in cui Beppe Fioroni va in pellegrinaggio come primo atto da ministro dell’Istruzione: “Ci ha insegnato che la scuola non può lasciare indietro nessuno”.Ieri la Repubblica dava conto della richiesta dei suoi ex alunni al Vaticano di “riabilitare” il loro priore. In realtà, il testo di Milani di cui il Sant’Uffizio chiese il ritiro nel 1958, giudicandolo “inopportuno”, non era il bestseller sulla scuola, ma “Esperienze pastorali”, un libro che lo stesso sacerdote aveva esitato a pubblicare, temendo per il “nihil obstat”, e di cui l’allora cardinale Angelo Roncalli, avendone letto sulla Civiltà Cattolica, scrisse: “L’autore del libro deve essere un pazzo scappato dal manicomio. Guai se si incontra con un confratello della sua specie. Ho veduto anche il libro. Cose incredibili”. Silvano Piovanelli, vescovo emerito di Firenze che fu compagno di seminario di Milani, dice che oggi quel testo non ha più motivi per restare condannato. Può essere vero. Del resto sono passati quarantadue anni anche da quando Paolo VI, inviando un’offerta alla scuola di Barbiana, pregò il latore di “far notare delicatamente a don Lorenzo l’inopportunità di scrivere articoli su Rinascita”.“‘Lettere a una professoressa’ non invecchia mai”, ha scritto Fioroni in un’intervento pubblicato in uno speciale dedicato a don Lorenzo da Incrocinews, la rivista online della diocesi di Milano. Altro segno di quanto Milani sia un evergreen del mondo ecclesiale italiano. Invece ci sarebbe da discutere su quanto sia invecchiato quel libro. Non certo perché la scuola di stato si sia fatta più capace di non escludere: basti vedere il livello di ciò che la burocrazia ministeriale chiama insuccesso. “Se si perde loro (i ragazzi più difficili) la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i sani e respinge i malati”, scriveva don Milani, ma di questo non sembra si tenga conto. Ma perché oggi non è certo più l’autoritarismo ciò che impedisce di imparare (e non c’è bisogno di fare esempi coi telefonini). Soprattutto si è dimostrato inadatto il presunto egualitarismo che, in odio a ogni merito, ha reso la scuola identica per tutti e quindi inadatta a ciascuno. Si va in pellegrinaggio a Barbiana, ma viene in mente a chi ci va che quella era una scuola privata? Che le attuali direttive sulla presunta “autonomia” l’avrebbero chiusa d’ufficio? Qualcuno ricorda che don Milani non era passato per nessuna classe di concorso ministeriale? O che aveva la retrograda mania di fare alzare in piedi i suoi ragazzi per salutare? Quarant’anni di “donmilanismo” invecchiano peggio di don Milani. E di certo non meritano riabilitazioni. A don Lorenzo, invece, ci penserà chi di dovere.

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lunedì, giugno 04, 2007

Speciale?il braccio armato della P2. Parola di Repubblica.

Non vi sto prendendo per il culo, è tutto in quest'articolo. Cosa ci dice questo? che il titolo di "giornale più ignobile di Italia" non se lo contendono più la Padania e il Manifesto. Scalfari e Mauro hanno sbaragliato la concorrenza.