
La notizia
dell’aggressione a Pansa da parte di alcuni militanti comunisti mi ha molto amareggiato, ma mi ha dato anche di che pensare. Perché sé è vero che una buona fetta della sinistra rimane arroccata sulle proprie posizioni di chiusura e di disprezzo verso ogni tipo di opinione dissenziente, aggrappandosi a un orgoglio in gran parte immotivato, è anche vero che ormai esiste pure una sinistra disposta a mettere in discussione sé stessa e la propria storia, aperta al dialogo e al confronto, e che gli avversari li tratta civilmente, senza la pretesa di avere l’esclusiva sulla verità. E’ la sinistra dei Pansa, ma anche dei Telese (memorabile
il suo libro sulla "seconda guerra civile"), degli Oliva ( DS, che ha dato alle stampe
diversi libri sulle foibe), e dei Ricolfi (che non parla di storia,
ma la cui indagine sociologica sulla sinistra rompe parecchi tabù) solo per citare i primi che mi vengono in mente. Questi uomini pur appartenendo ad un’ area politica ben precisa, non hanno la mentalità dei chierici, e non si sentono costretti a difendere posizioni in cui non si riconoscono. E per questo sono odiati dalla sinistra più conservatrice e retriva. Ma è grazie a loro se la sinistra italiana può finalmente fare i conti con le ombre del proprio passato, fino ad oggi tenute nascoste dagli accademici e dagli intellettuali rossi per ragioni di convenienza e opportunismo. A destra, giustamente, sono in molti che applaudono questi pionieri. Ma la domanda da farsi, è questa: è in grado, la destra, di fare in modo che questi timidi segnali di dialogo non si perdano nel vuoto?Perché, se è vero che in Italia era la sinistra la parte politica con più scheletri nell’armadio (per il semplice fatto che, detenendo il controllo del mondo della cultura, ha potuto tenere nascoste le proprie malefatte, mentre indagava su quelle di altri), e che quindi le opere di Pansa hanno riempito un vuoto non solo morale, ma anche storiografico, è anche vero che pure la storia della destra ha le sue zone d’ombra su cui non si è ancora fatta luce. Infatti, gli storici di destra anche più meritevoli (con l’unica eccezione di Pisanò) hanno sempre parlato della propria fazione senza la benché minima ricerca dell’obiettività. Certo, si sentivano assediati dallo strapotere culturale rosso ed era quindi naturale che assumessero un atteggiamento difensivo (della serie: parliamo sempre bene dei nostri morti che tanto ci pensano i progressisti a dirne tutto il male possibile). Ma ora che, grazie al cielo, si iniziano a vedere le prime crepe nell’egemonia culturale della sinistra, è ora che qualche intellettuale di destra si faccia carico di andare incontro ai Pansa, ai Telese, e a tutti gli altri esponenti di una sinistra per bene, senza curarsi se le proprie ricerche dovessero portare acqua al mulino dei beceri no-global.Per ora, grosse aperture non ci sono state. Le frasi di Fini non contano. L’ambizione di quell’uomo è talmente grande che direbbe di tutto, per avvicinarsi al potere. E parole come quelle che pronunciò l’intellettuale d’area De Angelis, “Le leggi razziali furono un errore, non un crimine”, o
lo sgomentevole libro di Buttafuoco, non mi sembrano davvero il modo migliore per tendere la mano a quella parte della sinistra che vuole dialogare. Forza gente, ci vuole un Pansa di destra. Per una memoria storica senza buchi neri. Ma soprattutto, per porre fine a una guerra civile “fredda” che in Italia si trascina da sessant’anni.
p.s.
Volete un esempio di sinistra fanatica e intollerante (e anche parecchio rimbambita)?
eccovelo qua.